Giorno 11

Andare o restare

Una mano mi spinge dolcemente per svegliarmi quando ancora il sole non accenna ad alzarsi in cielo; mi volto incuriosita: conoscevo il tocco di Enud, sapevo distinguerlo da questo.
Quasi mi spavento quando realizzo che era stato Maraug, il suo aspetto non tradirebbe mai tanta delicatezza, eppure questa sensazione era così familiare…

«Su, vestiti. Dobbiamo partire, non c’è tempo da perdere» mi incita Maraug sottovoce, rubandomi ai miei pensieri.
«Enud è già fuori?»
«Si, si è fatto “accompagnare fuori” dall’accampamento dalle furie gialle. Ci aspettano lì, credo sia meglio portarvi via uno alla volta»

Raccolgo le mie cose, indosso la cappa per non farmi riconoscere subito, prendiamo due cavalli e fuggiamo.
Mentre comincia ad albeggiare e ci portiamo Tushutisha alle spalle, mi accorgo della presenza di un branco di lupi rossi poco distanti da noi.
Io ed Enud avevamo perso molto tempo a Mojul nel tentativo di guarire il suo braccio, non sapevamo esattamente se avremmo trovato ancora qualcuno ad attenderci nel luogo stabilito da Varrick. Non avevamo tempo di affrontare quei lupi, perciò decidiamo che Enud farà strada alle furie gialle, mentre io e Maraug chiuderemo la fila per difendere il gruppo nel caso fossimo attaccati, in modo da lasciarli scappare e raggiungere Varrick per dirgli di aspettarci.
Cominciano a sentirsi degli ululati famelici, così Enud dà ordine alle furie di cominciare a preparare i cavalli al galoppo, mentre io e Maraug gli andiamo incontro ad armi sguainate.
Fortunatamente il branco era ristretto  a mezza dozzina di lupi, per lo più deboli per la fame che dovevano aver patito a causa dei combattimenti nella Resistenza, che dovevano aver sfoltito l’ammontare di cibo disponibile di questa foresta, avendo bisogno costante di rifornimenti.
Il fuoco del mio bastone ne ha fatti scappare più della metà con la sola minaccia, il resto se l’è vista male con Maraug.
Non mi sembrava ostacolato dal doversi battere con un solo braccio, era concentrato ed agile per essere un mezz’orco, nonostante non o avessi mai visto lottare prima e non avessi quindi termini di paragone.
Cercando di raggiungere il resto del gruppo, noto che la bussola segnava le furie gialle molto vicine, ma Enud alle nostre spalle, che si stava allontanando sempre più.
Quando li troviamo pochi minuti dopo, Maraug si accorge subito della sua assenza e comincia a confabulare con la truppa in orchesco; così, sempre più agitata nel vederlo inquietarsi con gli altri e nel sentire la sua voce diventare sempre più aggressiva, perdo le staffe e faccio partire una fiammata dalla mia mano verso il cielo:

«Signori! Posso avere la vostra considerazione ed essere informata su cosa è successo all’elfo?»

Si voltano tutti verso di me sbigottiti, non so se a causa della fiamma e del modo in cui ho attratto la loro attenzione o se perché una donna, un’elfa dall’aspetto docile e delicato e tre volte più minuta di loro, si fosse rivolta così ad un gruppo di orchi senza mostrare nessun scrupolo.
Maraug è altrettanto stupito, non avendo mai visto questo mio lato, ma cerca di non darlo troppo a vedere e mi si avvicina:

«Scusaci, hai ragione. Dicono che hanno subito un attacco da alcuni messaggeri della Resistenza, loro si sono difesi come potevano, ma purtroppo hanno preso Enud. Tu vai avanti con loro, riparerò all’errore e sarà libero prima di sera, dovessi rimetterci la vita»
«…lo uccideranno?» gli chiedo.
«Non prima di avergli strappato qualunque informazione utile; se mi sbrigo posso impedirlo»
«Vengo con te, se andassi da solo sarebbe un suicidio»
«No, tu devi guidare la truppa e riunirti a Varrick, non ti preoccupare, te lo riporterò vivo ad ogni costo»
«Questo non lo dubito» rispondo, guardandolo cercando di trattenere le lacrime «Ritorna vivo anche tu, promettimelo!»

Lo abbraccio e non mi importa né degli orchi che ci stanno vedendo, né di cosa potrebbero pensare; se dovevo prepararmi a dirgli addio lo avrei fatto senza rimorsi.

«Esma…» sussurra dolcemente il mezz’orco, stringendomi a sua volta ed abbandonando la sua facciata burbera e severa.

Prima di andare mi porge una strana piuma blu, chiedendomi di darla a Varrick, qualora non riuscisse a fare ritorno.
Io gli dono alcune della mie bacche curative, che ogni mattina preparo dopo aver meditato; ne avevo messe da parte molte ultimamente, non  sono miracolore, ma ridonano un po’ di energia: era l’unico aiuto che avrei potuto dargli.
Passiamo ore a galoppare in silenzio, tutti rabbuiati ed in pensiero per i nostri amici, speranzosi nel loro ritorno; li cerco ossessivamente con la bussola, la quale continua ad indicare a nord.
Verso sera fermo le truppe ed ordino di accamparci per la sera, organizzando turni di veglia nel caso Enud e Maraug tornassero o qualcun altro attaccasse.
Verso l’una del mattino l‘ago della bussola comincia a spostarsi leggermente, erano ancora vivi e dovevano essere vicini; chiamo un paio di soldati di ronda e corriamo in loro direzione, finchè non vedo arrivare un cavallo che trasporta entrambi.
Maraug è svenuto e combatte tra la vita e la morte, mentre Enud trascina entrambi avanti, mezzo svestito e con i segni chiari della tortura subita sulla pelle.
Gli orchi trasportano Maraug con estrema cura verso il nostro accampamento, mentre io carico Enud sul mio cavallo, facendolo reggere ai miei fianchi.

«Maraug…dov’è Maraug? » chiede stordito.
«Va tutto bene Enud, siete salvi. Sei stato forte, ora chiudi gli occhi» gli rispondo.

Arrivati a destinazione, l’intero gruppo di è risvegliato e si è adoperato per creare una lettiga di fortuna per il loro comandante e per Enud, aiutando ognuno nel suo piccolo, fornendo cure, acqua e cibo.
Rimango sveglia, piena di rabbia per quello che gli era stato fatto e per essere stata costretta ad abbandonarli al loro destino, senza poter alzare un dito per evitargli tutto quel dolore.
Infine mi addormento accanto a loro, priva dell’energia che la preoccupazione mi aveva tolto in tutte quelle ore di attesa.

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